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Giovedì, 18 Maggio 2017 19:52

Immissioni, nuovo stop dalla Corte Costituzionale

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Sono almeno due decenni che le istituzioni si confrontano sul problema della gestione della pesca in acque interne tramite immissioni. La pesca ricreativa come la conosciamo si è trasformata e sviluppata proprio sulla base del meccanismo che prevede di intervenire sulla fauna ittica per sostenere ed incentivare la domanda di pesca anziché regolare la pesca per adattarla alla disponibilità naturale di risorse.

Un sistema che ha concorso alla diffusione di specie aliene invasive che hanno trasformato radicalmente le comunità ittiche della gran parte delle nostre acque interne.
Nelle sedi prima provinciali e poi regionali si è continuato a rispondere alla domanda di pesca ricreativa con provvedimenti dichiarati illegittimi dallo Stato che ha ripetutamente confermato il divieto di introduzione di specie ittiche non autoctone. D'altra parte lo Stato sta continuando a intervenire per limitare le norme regionali non conformi ma evita di farlo per definire l'argomento delle specie alloctone mettendo chiarezza ed evitando ulteriori casi di non conformità.

Abbiamo due decenni di ritardo che la pesca ricreativa sembra aver impiegato per difendere una posizione che già dall'inizio mostrava di essere destinata a cadere. Due decenni di sopravvivenza di una cultura della pesca ancora radicata nel contesto socioeconomico del dopoguerra . Due decenni che forse avrebbero permesso un passaggio graduale e non traumatico verso diversi modelli di gestione, che diventano ogni giorno di più una necessità urgente per evitare un tracollo del settore.

Dopo il caso del Veneto, quello del Friuli Venezia Giulia sembra mettere definitivamente un punto fermo in tema di immissioni.



Parliamo ora della Sentenza della Corte Costituzionale n° 98 - 2017 in merito al ricorso (depositato al registro dei ricorsi 2016 n. 36) presentato dalla Regione FVG contro la decisione del Consiglio dei Ministri di impugnare la legge n. 4 del 08/04/2016 in special modo l'art. 72 che introduce modifiche alla legge regionale 19 del 1971 concernente “Norme per la protezione del patrimonio ittico e per l’esercizio della pesca nelle acque interne del Friuli-Venezia Giulia”. Le modifiche introdotte dalla Regione FVG concedevano l'introduzione di specie alloctone (Oncorhynchus mykiss e Salmo trutta) in alcune acque e precisamente:
"L’immissione degli esemplari alloctoni è ammessa nei corpi idrici artificiali la cui eventuale connessione con corsi d’acqua naturali non consenta l’emigrazione dei pesci immessi."

La Corte Costituzionale si è espressa contro la decisione del Friuli Venezia Giulia di concedere l'immissione di specie alloctone per due motivi fondamentali:
i. la competenza su questioni ambientali è in capo allo Stato.
ii. l'attuale legislazione non permette l'introduzione di specie non autoctone.

Cerchiamo di andare per ordine.

Nel 1997 è stato emanato il DPR 357/97 che recepiva la direttiva Habitat 92/43 CEE; le direttive sono (dal sito eur-lex.europa.eu) "…uno strumento flessibile usato principalmente per armonizzare le leggi nazionali. Essa richiede ai paesi dell’UE di raggiungere determinati risultati, ma li lascia liberi di scegliere le modalità."
Entrando nel merito dell'introduzione di specie l'articolo 12 comma 3 del citato DPR recitava così:
 L'introduzione di specie non locali può essere autorizzata secondo la procedura di cui al comma 2 qualora lo studio di cui al comma 1 assicuri che non venga arrecato alcun pregiudizio agli habitat naturali, ne' alla fauna, ne' alla flora selvatiche locali...
Dunque seguendo determinate procedure era possibile introdurre specie alloctone, anche in zone ricadenti nella direttiva Habitat.

Nel 2003, a seguito dell'apertura di una procedura di infrazione della UE nei confronti dell'Italia sulla individuazione delle zone che avrebbero dovuto essere sottoposte alla Direttiva Habitat, viene emanato il DPR 120/03 che modifica il decreto DPR 357, in particolare ne modifica l'articolo 12 comma 3 (anche se non oggetto della procedura d'infrazione) nel seguente:
Sono vietate la reintroduzione, l'introduzione e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone.
A parte lo svarione nell'aver impropriamente utilizzato il termine reintroduzione (che nelle definizioni della 357 significa introduzione di specie autoctona laddove era estinta), la formulazione dell'articolo 12 rispetto a quella del 1997 è fondamentalmente diversa! E' vietata l'introduzione di specie e popolazioni non autoctone.
La questione era chiara già da allora e comunque almeno agli organi competenti doveva introdurre un grosso punto interrogativo sul merito della liceità delle immissioni. In realtà nella quasi totalità delle Regioni non cambiava nulla…

Nel 2008 la Regione Veneto, su pressione di alcune provincie, con deliberazione N. 438 del 4 marzo 2008 afferma che:
…le specie ittiche carpa (Cyprinus carpio), pesce gatto (Ictalurus melas), trota iridea (Oncorhynchus mykiss) e lavarello (Coregonus lavaretus) debbono essere considerate “specie para-autoctone” in quanto da parecchi decenni utilizzate in ambito regionale sia ai fini di pesca sportiva (carpa, pesce gatto, lavarello e trota iridea) ed anche ai fini di pesca professionale in ambito lacustre (lavarello).  Al contempo consentendo i piani di immissione previsti dalle provincie.

Nel 2009 la Corte Costituzionale con la Sentenza n° 30  nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito dei punti 1, 2 e 3 della deliberazione della Giunta della Regione Veneto 4 marzo 2008, n. 438 , promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 29 maggio 2008, depositato in cancelleria il 3 giugno 2008 ed iscritto al n. 9 del registro conflitti tra enti 2008:
dichiara che non spettava alla Regione Veneto stabilire che le specie ittiche carpa (Cyprinus carpio), pesce gatto (Ictalurus melas), trota iridea (Oncorhynchus mykiss) e lavarello (Coregonus lavaretus) devono essere considerate “specie para-autoctone”;
annulla, di conseguenza, la deliberazione della Giunta regionale della Regione Veneto 4 marzo 2008, n. 438 (Ulteriori criteri per le immissioni di specie ittiche nelle acque interne regionali. Indirizzi ai fini di coordinamento per la protezione del patrimonio ittico regionale ai sensi dell’art. 3 legge regionale 28 aprile 1998, n. 19), con riferimento ai punti 1, 2 e 3.
Dunque già nel 2009 la Corte Costituzionale  sancisce che "La disciplina dell’introduzione, della reintroduzione e del ripopolamento di specie animali rientra nella esclusiva competenza statale i cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione". Con riferimento alla sentenza 378/2007 sottolinea che: In linea generale può osservarsi che lo Stato nell’esercizio di tale sua competenza esclusiva, nell’apprestare cioè una «tutela piena ed adeguata», capace di assicurare la conservazione dell’ambiente per la presente e per le future generazioni, può porre limiti invalicabili di tutela.
Anche se la vertenza era sul conflitto di attribuzione di competenze, la Corte Costituzionale, nelle sue argomentazioni ha ribadito che l'art. 12 - al comma 3 vieta espressamente la reintroduzione, l’introduzione ed il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone. Inoltre ha detto che pur essendoci delle linee guida emanate dall' INFS (ora ISPRA) che stabilisce un limite temporale (1500 d.c.) entro cui specie alloctone possono definirsi para-autoctone sottolinea che le "Cosiddette linee giuda" non sono state approvate dal ministero competente e che in ogni caso le quattro specie indicate dalla Regione Veneto in ogni caso sono state introdotte dopo tale data.

Per il fatto che è sentenza della Corte Costituzionale, qualche conseguenza c'è stata, naturalmente ogni Regione è andata per proprio conto, ognuna adducendo giustificazioni diverse, con il risultato che per uno stesso distretto idrico quello che è vietato (o consentito) in una Regione era consentito (o vietato) in quella attigua…

Nel 2012 la Corte Costituzionale con la sentenza 288 ha cassato la Regione Marche che nella legge regionale n. 28 del 2011 modificava la legge regionale sulla pesca n. 11 del 2003 "Non è consentita l’immissione nei corsi d’acqua di specie o popolazioni non autoctone, con la sola eccezione della carpa erbivora» – aggiunge la frase «e della trota iridea.", citando proprio la sentenza n° 30/2009 contro al Regione Veneto.

Nel 2015 viene approvata la legge n.18 del 22 maggio 2015 " Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente" che modifica il codice penale e che, all'articolo 1, comma1, riporta:
1. Dopo il titolo VI del libro secondo del codice penale è inserito il seguente:
«Titolo VI-bis - Dei delitti contro l'ambiente.
Art. 452-bis. (Inquinamento ambientale)
E' punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:
1) delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. (omissis)

La modifica del codice di procedura penale ha naturalmente smosso ancora le acque.
Nel febbraio 2016 si è svolto a Vicenza un workshop dell'AIIAD (Associazione Italiana Ittiologi Acque Dolci) a cui erano invitati oltre gli associati anche le amministrazioni pubbliche, società di pescatori, singoli pescatori. E' interessante, entrando nel merito del trattamento delle specie alloctone, vedere uno schema riassuntivo proposto da uno dei relatori:

La prima colonna "Limitazioni" indica se ci sono delle limitazioni su determinate specie alloctone; la seconda colonna invece se vi sono delle misure minime da rispettare per il prelievo di specie alloctone.
Nella colonna "Specie" sono indicate alcune specie che la singola Regione considera alloctone; la colonna a fianco indica se per alcune di queste specie ci sono limitazioni di misure e/o di quantità, infine se sono consentite immissioni di alloctoni e nell'ultima colonna esempi di specie consentite.
Come è possibile notare, pur di conciliare l'inconciliabile il quadro che ne risulta è variegato e confuso. In quel contesto la regione Friuli Venezia Giulia, ha illustrato come procedeva: divieto assoluto di semina di fario (perché si ibridano con la trota marmorata) mentre concedeva: "L’immissione degli esemplari alloctoni è ammessa nei corpi idrici artificiali la cui eventuale connessione con corsi d’acqua naturali non consenta l’emigrazione dei pesci immessi.". Ben consci delle modifiche introdotte al codice penale tuttavia un funzionario ha chiesto un parere al Consiglio dei Ministri sulle scelte proposte e precisamente art. 72 comma 1 della LR n.4 del 2016:
1) l’immissione in tutti corpi idrici regionali di specie ittiche autoctone; 2) l’immissione di specie alloctone in corpi idrici artificiali, a condizione che, per quanto connessi con corpi idrici naturali, non ne consentano la migrazione; 3) l’immissione nei corpi idrici naturali della specie alloctona della trota iridea, purché siano immessi individui incapaci di riprodursi, anche nei corpi idrici abitati dalla «trota marmorata» (specie autoctona) per alleggerire la pressione di pesca su quest’ultima; 4) l’immissione della specie alloctona «trota fario» in qualsiasi corpo idrico, purché si tratti di corpi idrici non abitati dalla «trota marmorata» o di corpi idrici originariamente privi di fauna ittica e attualmente popolati da specie introdotte (come i laghi artificiali).

Nel 2016 il Consiglio dei Ministri emette una nota (cfr. Comunicato stampa 118 del 31 maggio 2016) in cui si esprime contro la proposta della Regione Friuli Venezia Giulia, citando gli ormai noti articoli del DPR 537/97 e s.m. e i.,  la sentenza della Corte Costituzionale 30/2009, l'articolo 117 della Costituzione e anche la sentenza della Corte Costituzionale n° 151/2011 avversa alla provincia autonoma di Bolzano sul conflitto di attribuzione di competenze in materia ambientale.
A seguito di questa nota la Regione FVG (a fine maggio 2016) blocca le semine di pesca per manifestazioni agonistiche, in seguito su pressione degli agonisti decide di ricorrere alla Corte Costituzionale ritenendo il ricorso del Governo inammissibile e infondato; il 20 luglio 2016 autorizza nuovamente la semina dei salmonidi a fini agonistici (e chi non è agonista?) in attesa di pronunciamento.

Nel 2017 con sentenza n. 98 la Corte Costituzionale
...
5) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 72, comma 1, della legge regionale n. 4 del 2016;

Questo quanto è successo sino ad ora…
Questa sentenza, rispetto a quella avversa alla Regione Veneto (n° 30 del 2009) è molto più stringente, perché mentre la prima aveva come oggetto il conflitto di attribuzione con cui il Veneto si arrogava il diritto di dire quali specie pur non essendo autoctone potevano ad esse essere equiparate, ma concedendo alle provincie la possibilità effettuare le semine secondo i piani previsti, che nessuno ha mai controllato, questa riguarda sia il conflitto di attribuzione ma anche e soprattutto si esprime chiaramente contro la semina di specie alloctone.
E su questo si dovranno confrontare le singole Regioni.

Alcune considerazioni.
La prima: il fervore con cui si continuano ad invocare le immissioni lascia sottintendere che i pescatori non ritengano pensabile poter svolgere una soddisfacente attività alieutica senza le immissioni. Questo può significare che non siamo stati capaci di sviluppare un modello di pesca alternativo e che il continuo ricorso alle immissioni sia il prezzo che abbiamo pagato per aver taciuto sul continuo ed incessante declino degli ecosistemi ambientali.
La seconda considerazione è che è chiara l'assoluta LATITANZA dello STATO che, a parte cassare le decisioni prese da chi non ha il diritto di fare, non fa alcuna chiarezza su specie, areali e quanto di sua competenza, rendendosi di fatto COMPLICE della eterogeneità con cui si stanno muovendo le Regioni.
Da qui  la necessità di sviluppare una legge quadro nazionale che stabilisca, tra le altre cose e una volta per tutte, gli ambiti entro cui le Regioni possono muoversi.
Non sarà cosa facile perché l’antefatto è una legge (la 357/97 e s.m. e i.) che da un lato sembra fortemente tutelante per gli ecosistemi, dall'altra è talmente ottusa e stringente (ben oltre quanto richiesto dalla UE) da essere di per se stessa la prima causa del suo mancato rispetto.
Se noi come pescatori ci ingobbiremo sulle piccole battaglie in sede locale per consentire quello che la Corte Costituzionale non consente, avremo consegnato allo Stato il più grande dei poteri: "dividi et impera". E ci metteremo sullo stesso piano di chi, scientemente lucrando sulle deroghe, ha letteralmente distrutto le acque interne (mancato rispetto del deflusso minimo vitale, assenza di passaggi per pesci, prelievi, qualità delle acque, svasi e spurghi).

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