Questo accade principalmente per un motivo, il grande giro di denaro che ruota intorno agli incentivi e al mercato dei cosiddetti certificati verdi. Abbiamo già spiegato cosa sia un certificato verde ma ripetere e ripassare la lezioncina non fa mai male...
Un certificato verde è una certificazione attestante l'energia prodotta in un determinato anno da un produttore di energia da fonti rinnovabili. Nel nostro caso da fonte idroelettrica. Un certificato verde corrisponde alla produzione di 1 MWh di energia e può essere 'acquistato' e 'speso' per adeguarsi all'obbligo, per i produttori ed importatori di energia da fonti fossili, di immissione nel sistema elettrico di energia da fonti rinnovabili. Un certificato verde ha validità 3 anni, può cioè essere speso nell'anno di acquisto o nei successivi due.
La 'piazza' in cui vendere e acquistare i certificati verdi è il Mercato Elettrico, in cui il Gestore (GME) figura come unica controparte. Il prezzo di riferimento è fissato per legge. Anche i grossisti, i trader, gli intermediari degli scambi che possono avvenire anche sulla borsa informatica gestita dal GME nelle apposite sessioni di mercato possono acquistare certificati verdi. L'ECO-business aumenta quindi in maniera esponenziale perchè gonfiato dalle dinamiche del mercato di scambio.
Ci siamo accorti un po’ tutti, sia in Italia che in Europa, che forse l'idroelettrico non è così ecologicamente sostenibile come lo vogliono far passare, ma rinunciare al business che si traduce, è il caso di dirlo, in 'soldoni', è difficile, si continuano quindi a costruire centraline che producono una quantità ridicola di energia (spesso inferiore a 1 MW nel caso del micro idroelettrico) a fronte di danni ambientali enormi che modificano e condizionano l'ecosistema irreparabilmente.
Abbiamo sufficienti informazioni ed esperienze oggi per riuscire con difficoltà a nasconderci dietro al dito mignolo della sostenibilità, per questo da più parti si inizia a sentir parlare, finalmente, di progetti atti a studiare, promuovere, applicare misure di mitigazione degli impatti sugli impianti esistenti, mentre alcune amministrazioni iniziano a prendere in considerazione 'blocchi' sulla costruzione di nuovi impianti.
Uno di questi progetti, conclusosi nel 2011, è il progetto europeo CH2OICE (acronimo di Certification for HydrO: improving clean energy, ma anche un indovinato mix tra la parola inglese choice che significa scelta e H2O che come tutti sappiamo è la molecola dell'acqua) , progetto che vanta il coordinamento italiano di http://www.ambienteitalia.it/ azienda leader nelle consulenze ambientali e la gradita partecipazione, tra i partner, di WWF Italia garanzia di un occhio vigile sulla sostenibilità ambientale.
Il progetto CH2OICE ha dato origine ad una certificazione che negli intenti vuole essere rigorosa e permettere al consumatore di distinguere l'energia idroelettrica più 'eco-friendly'. Lo slogan è "100% energia verde". Una tale certificazione non può che essere la benvenuta anche se, ad assidui frequentatori di acque violentate ormai in ogni modo, suona quantomeno ambiziosa. In realtà ambiziosa lo è davvero, non solo per gli obiettivi di totale sostenibilità, ma anche perchè promette, ai produttori (proponenti e gestori di piccoli impianti idroelettrici) addirittura di superare il blocco delle nuove concessioni come si legge nella home page del sito che promuove la certificazione http://www.ch2oice.it/
" La certificazione CH2OICE viene rilasciata solo ad impianti esistenti, ciononostante, per facilitare lo sviluppo di nuovi impianti idroelettrici e superare il blocco alle nuove concessioni, sono state prodotte delle LINEE GUIDA che permettono di tenere conto preventivamente di tutti i criteri di valutazione che costituiscono la certificazione."
Dallo stesso sito vediamo poi che nel Comitato dei Garanti fa bella mostra di sè, oltre al già citato WWF-Italia anche Legambiente.
Siamo solo pescatori, e come 'categoria' abbiamo accumulato negli anni (chi più chi meno), a detta di molti, macchie in numero sufficiente da non poter certo aspirare ad ergerci a strenui difensori degli ecosistemi, ma come frequentatori di fiumi, più di chiunque altro, abbiamo accumulato, e continuiamo sempre più ad accumulare, esperienza diretta sui danni derivanti dallo sfruttamento a fini idroelettrici delle acque, per cui crediamo di essere in diritto, come cittadini prima di tutto, di porre alcune domande.
Ne facciamo solo una, retorica, ma che sorge davvero spontanea:
CH2OICE dice che la certificazione è applicata al singolo impianto. Ad oggi la legge italiana non pone limitazioni sul numero di impianti che possono essere costruiti su un' asta fluviale (e così accade che in diverse realtà si susseguano micro impianti senza soluzione di continuità e si presentino addirittura progetti alla stessa 'progressiva chilometrica' ma sulle due sponde opposte ). La stessa legge, se non in rarissimi casi a livello di regolamento regionale, non definisce neppure le distanze minime obbligatorie tra un impianto e il successivo.
'Superare i blocchi', quei pochi che timidamente le amministrazioni locali stanno attivando per non perdere totalmente il proprio - non monetizzabile, ma di immenso valore - patrimonio naturalistico, significa che la somma di tutti i possibili impianti (su una singola asta fluviale) certificati secondo lo slogan 100% energia verde, sia anch'essa 100% verde?
Noi sappiamo bene che la risposta è NO, ad oggi non esiste una tecnologia ad impatto ambientale zero per gli impianti idroelettrici, neppure per singolo impianto, ma vorremmo sentire le argomentazioni di chi, per definizione, dovrebbe essere in prima linea per la difesa del territorio e (di quello che resta) delle massacrate acque interne italiane e che invece sostiene il superamento di quei (pochi) blocchi alla diffusione selvaggia del micro idroelettrico.