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Lunedì, 16 Settembre 2013 15:48

Risposta APR alla proposta di legge Regione Liguria

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La Regione Liguria ha sostenuto una modifica alla normativa sulla pesca marittima che sollevava gravi problemi adottando un metodo empirico ed estemporaneo per la regimazione di un contesto del quale ha una conoscenza assolutamente superficiale e mediata dai gruppi di interesse della pesca commerciale.
Aggiornamento 20 settembre: a seguito delle obiezioni condivise da tutto il settore ricreativo la Regione ha deciso di interrompere l'iter della proposta di legge. La discussione ed il coinvolgimento delle associazioni ha dimostrato la vitalità del settore che chiede con forza agli amministratori un serio impegno per la sostenibilità della pesca e per il recupero di risorse impoverite e degradate da decenni di sovra sfruttamento commerciale e di illegalità.

L'Assessore all'Agricoltura, floricoltura, pesca ed acquacoltura della Regione Liguria ne parla come di "Nuove regole a tutela della pesca professionale e non professionale" che formano una proposta già approvata lo scorso luglio dalla Giunta Regionale.
Leggi la nota della Regione Liguria

Sia tra i pescatori che nei gruppi politici in Regione si sono levate voci discordi che lamentano una insensata penalizzazione della pesca ricreativa sotto la spinta di richieste provenienti dalla pesca commerciale.

La persistenza di una scarsissima conoscenza della pesca ricreativa gioca a favore di chi intende semplicemente identificare la pesca illegale con quella ricreativa.
APR ha scritto all'assessore Barbagallo ed ai capigruppo consiliari, oltre a diffondere la notizia sui media del settore e presso i diversi portatori di interessi.

I diversi argomenti richiedono un approfondimento ed ancora di più un impegno di tutti i soggetti dotati di competenze in questo ambito per un impegno serio che non faccia dipendere le scelte politiche dalle richieste delle lobby e dei gruppi di interesse o da un insufficiente approfondimento delle tematiche della pesca nei suoi diversi aspetti.


Ecco la risposta di APR inviata all'Assessore Barbagallo, ai Presidenti dei Gruppi Consiliari e alla stampa locale:

Lettera APERTA

all' Assessore all'Agricoltura, floricoltura, pesca e acquacoltura della Regione Liguria - Dott. Giovanni Barbagallo

Egregio Assessore Barbagallo,

in riferimento alla Sua proposta di modifica della Legge Regionale 50 cui al DDL 296-13 e ricordando che " le risorse ittiche sono un bene comune e non proprietà privata dei pescatori commerciali" la scrivente Associazione Nazionale APR Alleanza Pescatori Ricreativi, ritiene doveroso evidenziare quanto segue.

Nella relazione introduttiva al testo si legge:

1. Il recente censimento della pesca sportiva e ricreativa promosso dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (DM 6/12/2010), ha evidenziato le ragguardevoli dimensioni di un fenomeno diffuso su tutto il territorio nazionale ed in particolare lungo le coste liguri, dove i praticanti risultano essere più di 160.000.

Commento: tali dati, ad oggi, non sono stati analizzati nè elaborati dall'Ente di Ricerca che avrebbe dovuto farlo, INEA, proprio perchè lo stesso MIPAAF ne ha depotenziato la valenza. E' noto, sia tra le associazioni di categoria, sia negli uffici ministeriali, che i dati ricavabili dalle registrazioni non forniscono informazioni affidabili sulla reale distribuzione geografica dei praticanti e tanto meno sulla loro frequenza di pesca in numero di uscite. L'uso di questi dati per evidenziare un alto numero di praticanti, con notevole impatto sulle risorse, appare strumentale allo scopo di dare una frettolosa risposta alle richieste della lobby della pesca commerciale più che ad un interesse vero, da parte di codesta Amministrazione, ad avere una reale conoscenza della pesca ricreativa nel suo complesso. La presenza di un elevato numero di pescatori non commerciali rappresenta comunque una ricchezza sociale ed economica da valorizzare per il bene comune, anche attraverso la regolamentazione delle attività di pesca e la politica dei controlli, e non da penalizzare considerando il settore come una zona di illegalità e sfruttamento delle risorse .

2. Oltre a quanto sopra, è necessario aggiungere che da tempo le Autorità competenti al controllo e gli stessi pescatori professionisti, segnalano una crescita del fenomeno della pesca non professionale illegale, esercitata in violazione del D.P.R. 1639/1968 che detta norme relativamente alla tipologia, dimensione e numero degli attrezzi consentiti nonché sull’entità massima del prelievo e sul divieto di vendita del pescato.

Commento: anche la scrivente associazione di pescatori ricreativi ha più volte segnalato alle Autorità competenti al controllo, al MIPAAF e alle stesse associazioni di pescatori commerciali numerose attività di pesca illegale da parte dei pescatori professionisti, specialmente nella fascia costiera, con la presenza di reti da posta non segnalate alle foci dei fiumi (entro i 200 mt della fascia di rispetto), con strascico intensivo ove vietato, con cattura e vendita di pesci sotto la misura minima legale. Pertanto, respingiamo al mittente, gentilmente ma con fermezza, l'accusa contro i pescatori dilettanti di essere responsabili unici (o principali) del depauperamento delle risorse ittiche. La pesca illegale, da chiunque praticata, va certamente combattuta. Ma per fare questo servono sopratutto politiche di controllo, che siano efficaci ed efficienti nell'individuare e contrastare i fenomeni illegali. Ci sembra inoltre da censurare la scelta di contrastare la pesca illegale senza aver prima programmato ed effettuato attività di informazione e sensibilizzazione dei pescatori .

3. Sulla base di quanto sopra e nelle more dell’adozione del suddetto decreto ministeriale, si ritiene necessario integrare opportunamente la l.r. 50/2009 inserendo l’articolato illustrato di seguito, specificatamente dedicato all’esercizio, nei compartimenti marittimi liguri, della pesca non professionale.

Commento: riteniamo utile informarla che al 'suddetto decreto ministeriale' (D.Lgs. 9 gennaio 2012) i vari portatori di interesse stanno lavorando a livello nazionale, ma essendo la materia complessa e non liquidabile con l'adozione di provvedimenti superficiali e privi di sostanza, il lavoro richiede tempo, professionalità ed impiego di competenze specialistiche. Riteniamo che l'attenzione delle Regioni per il settore pesca dovrebbe considerare la priorità di una azione di scala nazionale anziché legiferare in modo indipendente. In altre parola crediamo che se la Regione Liguria sente la necessità di accelerare i tempi di un rinnovamento delle normative nazionali dovrebbe rivolgersi al MIPAAF, insieme alle altre Regioni e ai portatori di interessi, per sollecitare tale rinnovamento e collaborare alla sua realizzazione.

Evidenziamo che:

- L'attuale sistema di gestione continua a far dipendere la pesca ricreativa dalle richieste della pesca commerciale attraverso un approccio empirico e privo di riferimenti a dati oggettivamente riscontrabili; è evidente che alla pesca commerciale interessa unicamente evidenziare fattori di concorrenza e identificare la pesca non commerciale con la pesca illegale.

- La forte presenza del settore commerciale sfrutta dati di tipo economico che hanno un evidente peso a livello politico mentre i dati economici delle attività correlate alla pesca non commerciale (negozi di pesca, marine, catena di ristorazione ed alberghiera) sulle quali il pescatore ricreativo paga a costo pieno tutta la filiera delle tasse (senza alcuna sovvenzione) non sono contabilizzati e restano ignorati dei gestori con il risultato di produrre un alto danno per l'intera comunità a beneficio dello sfruttamento privato delle risorse ittiche da parte dei pescatori commerciali.

- Non neghiamo che possa esistere attività di pesca illegale da parte di pescatori non commerciali, ma affermiamo che i pescatori sportivo/ricreativi sono prima di tutto, e per la maggioranza, cittadini che praticano una attività sana, dall'alto valore sociale ed economico e soprattutto legale nel pieno rispetto delle regole. E non accettano di sentirsi additare, dai propri rappresentanti nelle Amministrazioni, come causa principale del depauperamento delle risorse mentre nello stesso tempo gli stessi amministratori fanno di tutto per agevolare l'indiscriminato sovra - sfruttamento delle risorse ittiche da parte della pesca commerciale.

- In questo quadro generale il decentramento amministrativo delle competenze sulla pesca a favore delle Regioni espone il settore al rischio di iniziative unilaterali che, se da una parte hanno il pregio di sollevare vari problemi solitamente ignorati, dall'altra prospettano gravi problemi di frammentazione gestionale.

- La proposta di legge della Regione Liguria concretizza questo scenario riportando in norme tecniche destinate alla pesca ricreativa istanze unilaterali del settore commerciale che rischiano di approfondire drasticamente uno sbilanciamento che sta già producendo risultati disastrosi sull'economia del settore pesca.

Alla luce di quanto fino ad ora espresso delineiamo la nostra posizione nei confronti delle modifiche proposte:

Licenza, assegnazione codice alfanumerico – l'istituzione di una licenza regionale apre un grave problema di frammentazione gestionale sulla base dei confini amministrativi. A livello nazionale è già stato istituito uno strumento di rilevazione del settore ricreativo che si è dimostrato inefficace e male strutturato. In questo senso sarebbe corretto sostenere attivamente la necessità di una revisione dello strumento nazionale invece di prospettare un sistema decentrato che frammenterebbe la gestione rendendola incontrollabile e scaricando sul settore ricreativo un peso inutile e privo di qualsiasi concreta efficacia nel contrasto alla pesca illegale.

Attribuzioni di competenze di vigilanza alle associazioni – l'affidamento a volontari delle funzioni di vigilanza che potrebbe essere effettuata ed avere effetto sui soli pescatori ricreativi origina una differenza di trattamento tra ricreativi e commerciali non giustificabile ai fini del contrasto alla pesca illegale. Tale affidamento richiederebbe oltre ad una specifica formazione, una attenta specifica degli ambiti di competenza includendovi anche possibilità di accertamento sulla filiera ittica quanto meno per segnalazione ad altre autorità in base a chiari protocolli di intesa . Ad oggi sembrano mancare totalmente i presupposti affinché la vigilanza volontaria che si attua nelle acque interne possa essere estesa alla pesca marittima, pertanto riteniamo che anche questo argomento necessiti di approfondimento a livello di Sede Centrale. Solitamente si contesta che non ci sono risorse disponibili per un maggiore impegno della Guardia Costiera ma questo è un giudizio affrettato ed empirico dato senza analizzare nello specifico quali azioni potrebbero essere adottate. E' infatti più che verosimile che si possa ottenere un forte incremento di efficacia dei controlli senza nessun aggravio di spesa e nessuna maggiore dotazione di mezzi e di personale. E' indispensabile che questo argomento venga approfondito nelle sedi competenti prima di tutto a livello nazionale ma anche a livello Regionale e di compartimento marittimo.

Taglio della pinna caudale delle prede della pesca ricreativa - la marcatura delle prede ricreative come adottata in Francia deve essere adottata a livello nazionale. L'adozione di questo tipo di norme su scala regionale ne vanifica lo scopo.

Marcatura degli attrezzi non individuali – Il DPR 02/10/1968 n.1639 e successive modificazioni non distingue tra attrezzi individuali e non individuali, ma all'articolo 138 definisce, senza distinguerli, gli attrezzi individuali e non individuali ammessi alla pesca sportiva. Oltre naturalmente a dover specificare quali sono da intendersi come 'non individuali' riteniamo che qualsiasi revisione normativa sugli attrezzi che abbia come fine ultimo la sostenibilità della attività di pesca ricreativa evitando al contempo sovrapposizioni fra pesca commerciale e pesca sportiva/ricreativa debba essere fatta a livello nazionale in sede ministeriale. La proposta di legge ligure crediamo intenda riferirsi ad alcuni attrezzi che permettono più facilmente la cattura di quantitativi di pesce eccedenti i limiti del carniere ricreativo configurandosi di fatto come quantità di interesse commerciale, e voglia rilevarne numero e localizzazione. Trattandosi generalmente di attrezzi passivi che non permettono oggettivamente il rispetto del carniere la richiesta di marcatura e registrazione di questi attrezzi può risultare come una contraddittoria regolarizzazione normativa di un fenomeno di pesca illegale.

 

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