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Lunedì, 14 Luglio 2014 00:00

Spigola in acque interne

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Alleanza Pescatori Ricreativi e Fipsas hanno intrapreso una iniziativa congiunta inviando una richiesta di modifica della legge regionale alle Regioni italiane nelle cui acque interne vige una misura minima della spigola inferiore a quella già scandalosamente bassa in vigore nelle acque marine con queste comunicanti.

L'iniziativa vuole essere un primo approccio alla necessità di gestione della specie a livello nazionale attraverso la collaborazione delle Regioni e dello Stato.

 

La regolamentazione delle misure minime di prelievo dei pesci è importante per la tutela degli stock ittici in primo luogo perché cerca di garantire la riproduzione a tutti gli individui.

La misura minima di sbarco (Minimum Landing Size) della spigola stabilita dalla UE per le acque marittime nel Mediterraneo è di soli 25 centimetri (Regolamento Mediterraneo CE 1967/2006), una misura che di per sé non garantisce con certezza la taglia riproduttiva come potrebbe fare invece l'adozione della cosiddetta taglia minima di conservazione (Minimum Conservation Size)1.

 

La spigola è una specie eurialina, vive anche nelle acque salmastre di fiumi e lagune ed è quindi soggetta anche alla gestione della pesca in acque interne, delegata alle Regioni ed alle Provincie.

La pesca in mare ed in acque interne riguarda la stessa popolazione locale di spigole ma le due gestioni sono indipendenti e le misure adottate spesso si contraddicono e denotano la mancanza di qualsiasi programmazione e coordinamento tra le istituzioni competenti.

 

La diversa attenzione che a livello regionale o provinciale viene dedicata alla spigola nei regolamenti di pesca e nei piani ittici, sembra in qualche caso riflettere diverse tradizioni di pesca e talvolta l'argomento viene completamente ignorato lasciando un evidente vuoto regolamentare.

Questo contesto è fermo o in lentissima evoluzione nonostante i portatori di interessi della pesca non commerciale (ricreativa/sportiva) dimostrino una crescente sensibilità per la tutela della specie. Le norme regionali e provinciali disegnano a livello nazionale una mappa frastagliata che va dalla mancanza di riferimenti alla spigola, con il risultato di permettere il prelievo di tutte le taglie, all'adeguamento con la regolamentazione delle acque marine comunicanti con quelle interne di competenza, fino a qualche buon esempio di correzione con misure minime più alte dei 25 cm fissati dal Regolamento Mediterraneo.

 

Anche dove si è provveduto ad intervenire in senso restrittivo sulla misura minima della spigola manca comunque una strategia di gestione della specie come anche qualsiasi valutazione sullo stato dello stock e sul pescato, e restano i comuni problemi di implementazione delle norme di regolamento a partire dalla mancanza di controlli. All'istituzione di misure restrittive raramente seguono attività utili a riscontrarne l'applicazione, con il risultato di avere nel migliore dei casi un regime relativamente virtuoso sulla carta a cui però rischia di corrispondere soprattutto un aumento di infrazioni di regolamento facilitate dall'assenza di controlli.

 

Trovare informazioni sulla regolamentazione della pesca non sempre è facile perché non tutte le Regioni e le Provincie assicurano una immediata accessibilità pubblica dei documenti del settore (attraverso, ad esempio, il proprio sito web istituzionale). Una analisi fatta sulla base di quelli di facile accessibilità rischia qualche omissione ma il quadro generale che se ne ottiene è difficilmente equivocabile.

 

La provincia di Grosseto spicca per l'istituzione di uno slot con misura minima a 40 centimetri e massima a 80 centimetri (per la tutela dei grandi riproduttori) e tra le Regioni emerge la Toscana che eleva di 5 centimetri la misura rispetto al Regolamento Mediterraneo, portandola a 30 centimetri.

In Sicilia manca un riferimento regionale ma ci sono due provincie, Ragusa e Siracusa, con la misura a 30 centimetri e due, Messina e Caltanissetta, in linea con i 25 cm della pesca marittima.

Basilicata ed Emilia Romagna contano i centimetri regalandone, si scusi l'ironia, addirittura due, arrivando ad una misura minima di 27 cm.

Liguria, Lazio, Calabria, Sardegna, Puglia e Veneto, si adeguano al Regolamento Mediterraneo e altrettanto fanno in regioni latitanti, la Provincia di Salerno e le già ricordate Caltanissetta e Messina.

Quello che resta, e non è affatto poco, applica in acque interne una norma maggiormente permissiva del Regolamento Mediterraneo per il quale i portatori di interessi chiedono invece una revisione in senso fortemente restrittivo.

In ordine troviamo 23cm in Friuli Venezia Giulia, misura forse interpretabile come residuo di quella nazionale precedente al Regolamento Mediterraneo, 22cm a Caserta, ma soprattutto il prelievo di spigole anche di pochi centimetri di lunghezza (da 7cm per la precisione) resta legale, escluse le provincie già segnalate, nelle regioni Campania, Sicilia, Molise, Abruzzo e Marche. Risalta la mancanza di attenzione di queste amministrazioni e come solo poche Regioni abbiano aumentato le misura minima rispetto a quella del mare. In generale si riceve la sensazione di un netto scollamento tra quanto la specie è pregiata e ricercata e quanto non è oggetto di gestione specifica.

 

In questo scenario è necessario ed urgente che le Regioni si coordinino per una revisione programmata delle rispettive normative di riferimento per la taglia minima e soprattutto che le specie eurialine siano gestite in base ad una pianificazione nazionale che comprenda sia le acque interne che quelle marine.

Una azione di iniziativa delle Regioni per la armonizzare la normativa in materia dovrebbe essere parte integrante di una pianificazione nazionale comprendente una revisione della misura minima per tutte le acque nazionali.

Considerando che il riferimento a stock ittici che interessano sia le acque interne che il mare ne aumenta l'importanza, è utile in questo senso citare dal documento del MIPAAF (2009) “ Orientamenti per la definizione di un nuovo quadro di riferimento in materia di pesca sportiva e ricreativacome la Corte Costituzionale ha affermato che “… la pesca (professionale e dilettantistica)

rientra come principio generale nelle competenze legislative delle Regioni; tuttavia, poiché riguarda in parte aspetti avente carattere unitario per i quali sussiste un interesse ad una

regolamentazione uniforme da parte dello Stato, quest'ultimo e le Regioni sono tenuti, sulla base del principio di leale collaborazione, a coordinare i loro interventi normativi …”.

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