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Venerdì, 19 Novembre 2010 17:20

...e in Italia?

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...e in Italia?

L'informazione data ai pescatori sulla gestione è molto scarsa non solo a livello di istituzioni Europee,  ma anche relativamente alle politiche ed iniziative nazionali . Il  lavoro nel settore pesca viene svolto attraverso il piano di “Sistema Integrato della Pesca e dell’Acquacoltura (SIPA)”

Il Ministero (MIPAAF) sta introducendovi anche la pesca non professionale usando in modo spesso poco coerente i termini pesca sportiva, ricreativa, amatoriale.

Un protocollo di intesa con la federazione della pesca sportiva FIPSAS prevede alcuni obiettivi attraverso i quali il  MIPAAF assume delle chiare posizioni indicando una serie di “iniziative da seguire in via prioritaria”

- L’inserimento nel SIPA dei dati relativi alla pesca sportivo-ricreativa attraverso un censimento costantemente aggiornato dei pescatori amatoriali e sportivi, dei natanti e delle imbarcazioni attrezzate per la     pesca sportiva, dei luoghi di pesca, delle catture ed altro.
- La costituzione del sistema nazionale di concessioni delle autorizzazioni di pesca in mare ai pescatori sportivi e ricreativi.
- La costituzione di codici di pesca responsabile relativa al settore.
- L’implementazione dei sistemi di tutela, controllo e sicurezza in mare.
- La costituzione di una commissione di consultazione e coordinamento sulla pesca sportiva e ricreativa (….)

Il protocollo si è tradotto nell’affidamento da parte del MIPAAF all’istituto di ricerca INEA di un progetto di ricerca  “Studio per la razionalizzazione della pesca sportiva in mare” .

Dalla presentazione INEA dello studio commissionato riportiamo quanto segue.

Lo studio si articola in tre fasi:

1. Fase di inventario
2. Fase di analisi e proposte
3. Strumenti conoscitivi per la concertazione con le parti pubbliche e private.

La prima fase è finalizzata a conoscere le dimensioni della pesca sportiva ed amatoriale nei mari italiani. Sulla base dell’inventario, che andrà ad arricchire il sistema GIS pesca italiano, sarà possibile affrontare la fase di confronto con il mondo dei vari portatori di interessi, pescatori sportivi ed amatoriali, pescatori professionisti, ambientalisti, produttori di beni e servizi per la pesca sportiva ed amatoriale.

Da tali confronti emergeranno una serie di proposte relative alla possibilità di:

- conoscere la dimensione delle catture (statistiche di pesca, quaderni di bordo, e tesserini delle catture a terra),
- identificare un sistema per autorizzazioni di pesca (licenze, permessi a tempo) da terra e da natante,
- promuovere codici per la pesca amatoriale responsabile e manuali informativi e formativi,
- far emergere il ruolo dell’associazionismo come funzione sociale per il presidio del territorio costiero e per la promozione della cultura del mare,
- predisporre le basi per un protocollo tra professionisti ed amatoriali con regolamenti e buone pratiche per GSA (Geographical Sub Areas),
- attivare un sistema dei controlli di nuova generazione,
- rilanciare il pescaturismo e l’ittiturismo legati alla pesca amatoriale e sportiva in mare.


Il nuovo impegno istituzionale per il settore è sicuramente un segnale molto positivo.

L’impostazione generale è evidentemente rivolta alla conoscenza del settore, ma con una netta impronta che sembra privilegiare una impostazione di limitazione della pesca ricreativa piuttosto che di sua valorizzazione complessiva.

Sembra che dalla centralità della pesca professionale nel settore, la pesca ricreativa sia chiamata a far parte del sistema per formalizzarne una subalternità che è in qualche modo scontata nella cultura di pesca presente nel settore.

La parola “razionalizzazione” nel titolo della ricerca ci sembra palesemente orientata per quanto corretta.

Non si vede un adeguato contrappeso per la valorizzazione della pesca ricreativa, non se ne sentono chiamati in causa i valori sociali, economici, ambientali e gestionali se non, forse, come elemento accessorio, un valore minore da confinare in  un ambito ristretto.

La positività dell’impegno non può evitarci di constatare la insufficienza di approccio ed il vuoto conseguente che trascura le istanze condivise dal settore a livello europeo e diffuse nella maggioranza dei pescatori ricreativi italiani.

Speriamo che la carenza di consultazione preventiva con il mondo della pesca, rimandato alla parte finale della ricerca, non condizioni negativamente la definizione del campione di rilevazione, considerata la frammentarietà che caratterizza il settore.

Nel merito evidenziamo due argomenti emergenti:

La mancata informazione sul progetto di studio della INEA del quale non si riscontrano informazioni sui siti internet dei soggetti coinvolti, non si informa se sia iniziato, che tempi preveda che metodologie usi.

La licenza di pesca in mare.

Protocollo e piano di ricerca indicano chiaramente che è già decisa l’istituzione di una autorizzazione per la pesca  ricreativa in mare nella forma di licenze e permessi a tempo.

Cogliamo l'occasione per specificare sull'argomento.

In alcune istituzioni  internazionali vengono avanzate richieste di istituzione di una licenza come strumento statistico ma il piano di ricerca considera il problema separatamente parlando di “statistiche di pesca, quaderni di bordo, e tesserini delle catture a terra”. Acquisizione dei dati e licenza di pesca ricreativa in mare sono presentate come cose distinte.

Alcuni gruppi di pescatori ricreativi vorrebbero una licenza intendendo una abilitazione, per eliminare i fenomeni di illegalità e ignoranza delle regole,  ma una impostazione in tal senso è a discrezione di chi potrà decidere (o suggerire) come regolare un sistema di autorizzazioni. 

Chi attualmente ci lavora (MIPAAF, INEA, FIPSAS) quando parla di licenza sembra riferirsi a tutt’altro:

  • La costituzione del sistema nazionale di concessioni delle autorizzazioni di pesca in mare ai pescatori sportivi e ricreativi
  • identificare un sistema per autorizzazioni di pesca (licenze, permessi a tempo) da terra e da natante

riportando verosimilmente la licenza di pesca al suo significato originario di concessione di un diritto di accesso ad una risorsa pubblica.

Dando per buona la valenza molto ampia della parola “autorizzazione” troviamo specificato “licenze e permessi a tempo” che sembrano confermare una ipotesi di concessione di accesso alle risorse.

Cade il falso appiglio di una licenza per la pesca ricreativa in mare limitata alla pesca dei grandi pelagici.  Si temeva potesse essere per tutta la pesca da imbarcazione. Adesso si chiarisce che è compresa anche quella da terra.  La logica è coerente ma di indirizzo negativo per il settore ricreativo. Non è verosimile che la mancanza di attenzione al settore possa essere superata partendo dall’imporre al pescatore in spiaggia una licenza ed un tesserino segna catture.  Il settore rischia di uscirne  fortemente danneggiato senza, per contro, nessuna azione positiva di gestione. Invece di valorizzare il settore si rischia di penalizzarlo e di vanificarne il potenziale sociale, economico, ambientale e gestionale.

Una domanda ricorrente negli ambiti europei di pesca ricreativa è  “Di chi sono i pesci?” Esistono varie implicazioni e manca assolutamente chiarezza, manca un ragionamento che spieghi il senso di un sistema di licenze ricreative nei rapporti con quelle dei professionisti.  La licenza propriamente detta in mare è uno strumento che è e deve restare legato alla vendita dei pesci catturati. Lo sforzo di pesca ricreativa è e deve essere regolato con altri strumenti di gestione e di supporto finanziario alla gestione. La licenza sembra essere considerata un surrogato di questi strumenti e rischia di far pagar il peso della gestione alla categoria di pescatori più virtuosa e che dovrebbe, al contrario, essere favorita in uno sviluppo vantaggioso per tutta la comunità.

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