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Martedì, 10 Aprile 2018 13:16

Ponte Tura (GR) 2018

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Briglie, scale e cheppie in Toscana

Ci siamo occupati spesso negli scorsi anni del fiume Ombrone a Grosseto dove nel 2014 abbiamo organizzato un evento nell'ambito della Giornata Mondiale della Migrazione dei Pesci per tenere alta l'attenzione sulla necessità di tutela dei pesci migratori.

Nel grossetano si vede un proliferare di iniziative che testimoniano un rinato interesse per il fiume e un crescente coinvolgimento dei cittadini. Il fiume ha tanti problemi ma non tutti ricevono la dovuta attenzione e in particolare colpisce un generale disinteresse per la fauna del fiume, quella che ci vive proprio dentro e non nelle strette vicinanze. Ai fiumi è legato tutto il territorio e tutta la vita che questo sostiene ma la vita che ci scorre dentro è di norma quella meno considerata, spesso addirittura ignorata.

Poco a nord del centro di Grosseto in località Ponte Tura si trova una delle maggiori testimonianze di una lunga storia di regimazione idraulica della Maremma, recentemente celebrata anche con iniziative di ripristino delle opere monumentali. Lo sbarramento di Ponte Tura fu terminato di costruire nel 1830 per deviare il trasporto solido del fiume a bonificare le aree paludose dell'area di Castiglione della Pescaia e successivamente usato a scopo idroelettrico e irriguo.
Lo sbarramento ha però anche causato la separazione del bacino dalla sua parte terminale che sfocia in mare, impedendo lo spostamento della fauna ittica ed in particolare quella delle specie che appunto risalgono dal mare. Tra queste c'è l'alosa (cheppia) che risale il fiume per riprodursi ma si vede ancora,  da ormai quasi due secoli, reclusa in una parte minima del fiume non potendo raggiungere i letti di frega del grande bacino di riferimento compresi i maggiori affluenti. Si tratta evidentemente di una minaccia grave e diretta alla biodiversità del fiume e ad una delle sue emergenze faunistiche di maggiore rilievo.

La realizzazione di un passaggio per pesci sullo sbarramento ha avuto una lunga storia iniziata, dopo decenni di richieste, con la costruzione nel 1999 e culminata con un lavoro di ristrutturazione nel 2012, resosi necessario a causa di errori nella sua progettazione e realizzazione. Il passaggio ha quindi dimostrato di poter essere funzionale ma anche di restare esposto a riempirsi di detriti con le piene invernali. Ogni anno c'è quindi bisogno di una verifica dello stato del passaggio prima che inizi la risalita delle alose e di un eventuale lavoro di manutenzione.

Ad una verifica sul luogo a metà aprile si riscontra che, nonostante la previsione di mantenere il passaggio sempre aperto, l'unico intervento effettuato sia stato la sua chiusura, verosimilmente per destinare la poca acqua dei regimi di magra alla derivazione per la vicina centralina idroelettrica.
Questo oltre a chiudere il fiume aumenta fortemente la tendenza del passaggio a riempirsi di sabbia e detriti con le piene invernali il che rende necessario non solo riaprire il passaggio ma anche svuotare le sue vasche con un mezzo meccanico.
Quello che si è potuto vedere negli ultimi anni è che non avviene nessun controllo e che la manutenzione avviene solo se ci si impegna a sollecitare l'ufficio competente.
Resta difficile da elaborare il fatto che in una zona dove si organizzano grandi festival ambientalisti e gite in canoa sul fiume, a brevissima distanza da importanti aree protette oltre che in un punto ben visibile e molto frequentato, questo contesto torni ad essere ignorato dopo le importanti iniziative degli scorsi anni e nonostante le conseguenze siano direttamente a carico degli istituti di tutela ambientale sparsi lungo tutto il bacino.

La risalita del bacino dell'Ombrone di una specie autoctona minacciata resta quindi appesa ad un lavoro di manutenzione e anche quest'anno a metà aprile, con la risalita delle alose nel suo pieno, il passaggio è chiuso da una barriera metallica e completamente insabbiato.

La competenza per l'opera è passata dalla Provincia di Grosseto alla Regione Toscana e la sua gestione è delegata al locale consorzio di bonifica che verosimilmente dovrebbe provvedere autonomamente ad uno scadenzario di controllo e intervento

La Toscana è del resto una Regione che offre un esempio evidente di rimozione dell'attenzione alle minacce per le specie eurialine che sono di fatto una delle maggiori emergenze faunistiche a livello sia regionale che nazionale. In Toscana infatti 5 fiumi ( da sud Albegna, Ombrone, Cecina, Arno e Serchio) sono altrettanti casi emblematici dei diversi motivi per i quali istituzioni, enti e associazioni sono d'accordo sulla necessità e urgenza di intervenire ma nessuno dei casi è definitivamente risolto, anzi la maggior parte è completamente dimenticata. Il caso di Ponte Tura è in realtà il più virtuoso nella Regione, l'unico nel quale è stato realizzato un passaggio per la migrazione delle alose e si è provveduto anche ad un monitoraggio scientifico della sua funzionalità.

In Toscana, come nelle altre Regioni italiane, negli scorsi decenni sono stati spesi fiumi di denaro in ripopolamenti di salmonidi (peraltro non autoctoni) mentre sarebbe bastata una minima parte di queste risorse per tutelare le popolazioni ittiche autoctone minacciate dagli sbarramenti. Una gestione che in alcuni casi, e tra questi alcuni di quelli dei fiumi toscani citati, ha finito per sostituire la biomassa mancante per interruzione della risalita delle specie che risalgono dal mare con quella delle specie alloctone invasive immesse a fini di pesca, che sono spesso diventate dominanti minacciando gravemente le specie autoctone. Un risultato disastroso che dovrebbe essere riconosciuto ed usato per operare rapidamente un rinnovamento di impostazione a partire proprio dalla priorità della restituzione della continuità biologica ai nostri fiumi.

 

Ecco lo stato del Passaggio all'inizio di aprile:

 

Mappa sat:

 

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